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Keizo Morishita nasce nel 1944 in Giappone, a Kitakyushu. A soli 19 anni è uno dei primi artisti orientali a trasferirsi in Italia, grazie ad una borsa di studio. A Milano frequenta l'Accademia di Brera sotto la guida di Marino Marini e nel 1968 si laurea in scultura. In seguito predilige esprimersi pittoricamente, sviluppando uno stile personale che nasce da un meditato e coltissimo incontro tra la cultura orientale e l'espressione artistica europea. Dagli Arcipelaghi degli anni ’70 ai più recenti Paesaggi della Memoria, i suoi dipinti presentano paesaggi ideali di assoluta purezza formale e di grande intensità cromatica, ordinati secondo una perfetta geometria delle forme ed immersi in una luce cristallina. Le sue opere sono caratterizzate da geometrizzazioni oniriche, fiabesche e con il passare degli anni sempre più accentuate, in contrapposizione al gusto più morbido diffuso in quegli anni dall'Arte Povera e Informale. Tutto ciò da un lato si rifà alla necessità di ordine e rigore tipica della cultura nipponica (e spesso le geometrie di Morishita sono evocative di scorci e paesaggi giapponesi), dall'altro sembra derivare dall'impatto sull'artista di una certa cultura occidentale, in particolare Max Ernst, Paul Klee e soprattutto il Surrealismo. Oltre che nella pittura, si cimenta con successo anche nella ceramica. Nel corso della sua carriera è protagonista di un'intensa attività espositiva in gallerie pubbliche e private, sia italiane che estere. Pur continuando a risiedere a Milano, torna occasionalmente in Giappone, dove espone in numerose personali. Negli anni ’80 progetta diverse scenografie per il Teatro della Scala di Milano e nello stesso periodo espone regolarmente alla Galleria Studio F.22 di Palazzolo sull’Oglio (BS). Nel 1998 è protagonista di un'importante esposizione al Museo d'Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti e due anni dopo riceve l'omaggio di un'ampia antologica alla Galleria del Naviglio a Milano e a Venezia. La sua morte prematura, a soli 59 anni, avviene il 5 aprile 2003 in seguito ad un grave incidente. Per comprendere la poetica di Morishita è utile citare le parole del critico d’arte Franco Russoli: «Le forme geometriche di Keizo assumono d’un tratto la potenza fascinatrice delle rocce sui laghetti del castello di Nijo a Kyoto, dei sassi sulla ghiaia bianca dei giardini Zen a Komyo-in, dei Kofun Ishibutai, i massi megalitici nella campagna di Nara. Keizo compone le sue visioni in una assoluta armonia di rapporti formali, conchiusi, Architetture di luce-colore edificate secondo canoni di armonia astratta. Ma quel che sembra giuoco di forme è invece recupero di memoria e sentimenti, immagine di un concetto della vita e della realtà». Si può quindi affermare che Keizo Morishita ha sempre portato nell’intimo del suo animo la cultura, le tradizioni, il costume del suo Paese d’origine riuscendo - e questo è il suo vero successo - a far convivere, senza opposizione alcuna, la realtà artistica dell’ambiente orientale con quello occidentale. Ne sono testimonianza i suoi meravigliosi dipinti dove è tutta una chiara espressione di delicatissima poesia realizzata e presentata attraverso immagini visive oltremodo espressive di chiari messaggi che nascono spontanei dal suo cuore e dalla sua intelligenza.
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